Galileo, padre della scienza moderna ha impostanto in modo nuovo i rapporti tra scienza religione e filosofia.


La scienza moderna, al pari della grande fioritura umanistico-rinascimentale del XV e XVI secolo, non nacque dal nulla, ma all'interno di una precisa situazione storica che in quegli anni vedeva la crescita economica dei grandi stati europei, ed il conseguente passaggio all'età moderna. Un primo contrasto tra la Chiesa e la ricerca scientifica si ebbe in seguito agli studi di Copernico che riportò alla luce la teoria eliocentrica così distruggendo la massima personalità filosofico-scientifica del passato (Aristotele) e la parola di Dio. Inizialmente però la Chiesa non prese contromisure sia perché si trovava ad affrontare problemi di maggiore entità (l'eresia protestante) sia perché non era difficile smentire le teorie copernicane, bastavano infatti le numerose citazioni dei passi biblici per bloccare una minaccia che risultava essere solo teorica poiché non disponeva di prove. I problemi però aumentarono quando invece la Chiesa dovette affrontare Galileo che, tramite le sue osservazioni telescopiche, aveva ottenuto prove sufficienti per dimostrare come le tesi copernicane fossero valide.
Con la controriforma le autorità ecclesiastiche avevano stabilito che ogni forma di sapere doveva coincidere o essere in armonia con la Sacra Scrittura. A tale decisione Galileo replicò sostenendo che egli non contraddiva o disprezzava Aristotele e i sapienti del passato, ma coloro (aristotelici moderni) che invece di osservare con i propri sensi la natura, si limitavano ad esprimere le loro teorie ed opinioni semplicemente sulla base dei testi antichi e che invece di vivere le esperienze vivevano chiusi in un mondo di "carta". Secondo Galileo la Chiesa ostacolava il progresso scientifico e l'avanzamento del sapere, negando alla scienza la libertà di cui necessitava, poiché elevava a dogmi qualunque posizione scientifica emergesse dai testi sacri o antichi (come era accaduto con la teoria aristotelica e il sistema tolemaico). Il filosofo pisano affermava che sia l'oggetto della scienza (la natura) e sia la base della religione (la Bibbia) derivavano da Dio, poiché una duplice verità non era concepibile. Quindi le contraddizioni tra religione e scienza non erano altro che apparenti e andavano risolte con una corretta interpretazione dei testi sacri, non potendo essere l'osservazione naturale nell'errore. Galileo legittimava tale ragionamento sostenendo che: a) le sacre scritture si erano dovute adeguare "alla capacità de' popoli rozzi e indisciplinati" e perciò si era dovuto ricorrere a un linguaggio mutabile mentre le leggi della natura erano immutabili, non essendo costrette a piegarsi alle esigenze umane. b) la Bibbia non conteneva principi naturali bensì verità riferite all'uomo e quindi non doveva insegnare "come vanno i cieli ma come si va in cielo". (Lettera a Madonna Cristina).
Galileo ha sempre insistito per farsi chiamare "filosofo naturale", ma come va interpretata questa sua definizione? All'epoca filosofo naturale e fisico erano sinonimi e la filosofia naturale non era altro che una delle tre scienze filosofiche di cui parlava Aristotele (le altre erano la matematica e la teologia): a differenza della matematica che studia "... ciò che è immobile, ma non separato" (ovvero studia gli aspetti immutabili dei corpi, aspetti che però non hanno una esistenza autonoma), "la fisica studia ciò che esiste separatamente" (Metafisica, 1026A, 5). La fisica ha cioè come oggetto dei suoi studi la realtà concreta. Galileo insisteva affinché gli venisse assegnato il titolo di filosofo perché con ciò voleva dimostrare come egli non intendeva fermarsi su possibili ipotesi bensì voleva descrivere il mondo reale. Infatti Galileo non intendeva "esporre la teoria copernicana solo come ipotesi matematica perché era convinto che fosse vera, come era convinto che la sua meccanica esprimesse le proprietà del moto reale" (Vanni-Rovighi, in Galilei, Antologia, cit., p.XXXVI). Secondo altre tesi invece Galileo è un filosofo anche perché introdusse un nuovo concetto di verità. Infatti al contrario dei filosofi della scolastica, che cercavano la verità nella rivelazione e nelle Scritture, Galileo cerca la verità nella natura stessa che va compresa attraverso l'osservazione e l'esperienza (metodo sperimentale). L'operato di Galileo ha avuto una notevole importanza per l'epoca moderna, ma solo negli ultimi decenni ha ottenuto la sua totale affermazione grazie a Papa Giovanni Paolo II che nel 1979 ordinò un'inchiesta sul processo di Galileo, con la richiesta di cancellarla.
Nell'Ottobre del 1992 vi è stato il riconoscimento ufficiale dell'errore da parte della commissione papale. Giovanni Paolo II, quando deliberò, che il caso di Galileo venisse riesaminato affermò che: "... molte menti sono state condotte a pensare che la fede e la scienza siano in irrimediabile contrasto. Per cercare di superare questa posizione presa dal concilio, io spero che teologi, studiosi e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione, possano riesaminare più approfonditamente il caso di Galileo e, in una onesta ammissione degli errori, da qualunque parte essi provengano, spero che essi possano far scomparire gli ostacoli che questa questione ancora crea in molte persone, per lasciare spazio a una fruttuosa concordia tra scienza e religione, tra il mondo e la Chiesa". Anche il discorso del Papa tenuto nel 1992 (dopo l'ammissione dell'errore) dà grande importanza alla libertà scientifica: "... invito gli scienziati a unirsi alla Chiesa per promuovere e garantire che queste due grandi libertà rimangano al centro della vera cultura: la libertà religiosa (la libertà di perseguire alla verità religiosa), e quella scientifica (la libertà di cercare la vera conoscenza del mondo fisico) ...". Il papa è fiducioso che se la scienza rimane fedele al suo metodo (la ricerca della conoscenza), allora la scienza non pone alcuna minaccia al credere religioso, né al benessere della società umana. Il Papa è comunque consapevole che gli scienziati fanno più di una semplice ricerca: essi mirano anche ad integrare le loro scoperte in una più grande visione del mondo, in questo sforzo sono ricorsi a ciò che il Papa definisce "concetti metascientifici".


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